Cassazione: accudire un cane randagio ti rende responsabile delle sue azioni

Una pronuncia che ha del ridicolo, senza troppi giri di parole. Qualche giorno fa vi avevamo raccontato di un’altra sentenza a dir poco discutibile (quella del cane che ha morso il postino nel suo giardino), ma quella di oggi è per certi versi ancora più imbarazzante.

Dare da mangiare ai randagi

In un paese come l’Italia, dove il randagismo è un problema enorme (soprattutto al sud), e i Comuni si disinteressano spesso del problema, una decisione come questa fa e farà discutere a lungo. Le strutture di ricovero sono stracolme, il personale assente, le associazioni animaliste cariche di lavoro.

Quale altra speranza per un cane che vive per strada? Il buon cuore dei cittadini, che hanno un pensiero anche per loro e cercano con le risorse che hanno di regalare un po’ di benessere a queste creature: un pasto, qualche avanzo da tavola, un antiparassitario, qualche ciotola d’acqua fresca.

E’ quello che faceva saltuariamente un uomo di Termini Imerese, in provincia di Palermo, che aveva dato occasionalmente da mangiare a due cani randagi che avevano poi morso un passante, il quale ha naturalmente denunciato l’accaduto.

Chiamato davanti al Giudice di pace, l’uomo ha dichiarato che quei cani non erano suoi né li aveva mai considerati tali. Si limitava solo a lasciargli qualche avanzo, e i cani rimanevano liberi di andare ovunque volessero nel territorio comunale. Riguardo al morso, l’uomo si è difeso affermando che la responsabilità giuridica di quei due randagi fosse del Comune e non sua, ma è stato ugualmente multato (200 euro).

La protesta della Lega Nazionale per la Difesa del Cane

Piera Rosati, presidente nazionale di Lega Nazionale per la Difesa del Cane, non ci sta: “E’ una sentenza di una gravità eccezionale, che evidenzia la totale inadeguatezza della magistratura verso le criticità del randagismo e le responsabilità dei sindaci, completamente ignorate e impunite. 

La suprema corte, anziché riconoscere come prevede la legge 281 del 1991, che il sindaco è la massima autorità sanitaria, il padrone di tutti i cani randagi sul territorio e che risponde dell’incolumità pubblica, ha invece scaricato sul privato cittadino le negligenze municipali, le inefficienze della veterinaria pubblica. Un sistema che vede semmai colpevoli le autorità locali che non sterilizzano e non microchippano i cani di loro proprietà come obbliga la legge”. 

Secondo la Cassazione, ogni volta che si da da mangiare ad un randagio si instaura la cosiddetta “relazione di detenzione”. In virtù di questo legame la persona sarebbe responsabile di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni.

Queste considerazioni sono a dir poco ridicole e manifestano una totale ignoranza del fenomeno del randagismo in Italia, e una scarsissima o inesistente cultura cinofila.

La presidente nazionale della LNDC continua così: “La Cassazione ha ribaltato i solidi principi della giurisprudenza, le conquiste faticose di civiltà rimettendo tutto drammaticamente in discussione, riportando indietro la storia in una terra peraltro afflitta gravemente e sempre più impunemente dal fenomeno degli abbandoni, del randagismo endemico e cronico, figlio di politiche decennali di disinteresse, scaricando sul volontariato e sui singoli cittadini l’onere di dare benessere e la consolazione del cibo.

Speriamo in una magistratura più illuminata e più avanti negli anni, nella cultura, nella presa d’atto che il mondo evolve. Sperando nell’evoluzione anche dei sindaci”


Non perdere tutti gli Aggiornamenti GRATIS: Clicca su Mi Piace!

Commenti

commenti